venerdì 10 luglio 2009

Vacanza gastronomica a Venezia

Rogozin, mentre ristrutturavano il Molino Stucky, aveva provocato un incendio. Certo, lui era solo il mandante, ma non lo aveva fatto solo per un capriccio. Durante i lavori di messa in sicurezza era riuscito a fare costruire una via di fuga alla quale si poteva accedere da una delle suite e dal fondo della piscina situata sul tetto. I suoi soldi facevano gola a molti ma c'erano altri motivi. Qualcuno lo voleva morto. Per questo, le poche volte che se ne andava dal suo rifugio dell'Hotel Kupechesky di Krasnojarsk, sceglieva Venezia, un posto molto controllabile, uno dei pochi dove si sentiva sicuro. Ci andava spesso verso la fine di aprile e all'inizio di novembre quando c'era la muta dei granchi che cambiavano persino il nome, moleche in veneziano. Fritte, dopo una preparazione crudele, erano una leccornia, un piatto raro, prelibato.

Non fece in tempo nemmeno ad assaggiare la prima che la bottiglia di Ygrec esplose in mille pezzi. Rogozin era preparato ad una simile evenienza. Un attimo dopo stava già armeggiando sul fondo della piscina per aprire la botola della via di fuga. In pochi secondi l'acqua venne aspirata dalla camera stagna e Rogozin si lasciò risucchiare dallo bocca scivolo di acciaio inossidabile per finire dopo una lunga discesa in una caneva umida, dove era ormeggiato un vecchio taxi veneziano, ottimo per mimetizzarsi nei canali, in mezzo alle gondole, ai vaporetti, ai topi. 3 minuti dopo lo sparo stava già attraversando il canale della Giudecca con i motori al minimo. Raggiunse la riva opposta e la seguì fino al Rio San Trovaso, lo imboccò e rallentò nei pressi dello squero, subito dopo il Rio Ognissanti. Attivò il suo telefono satellitare.

"Stavano per bollire il branzino, ma io vorrei una bistecca alla fiorentina"
"Al sangue?"
"Al sangue! Molto al sangue"

La mattina successiva un cadavere con la gola tagliata galleggiava sotto il pontile di Dorsoduro. Il soprabito di pelle nera, come tutto il resto dell'abbigliamento, era privo di etichette.

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